Per renderlo ancora più affascinante ed emozionante, il nostro viaggio di nozze, quello mio e di Esmeralda, è esploso nella magnifica India dei Maharajas.
Dopo un gradevole volo siamo atterrati a Dehli, ci siamo poi spostati a Mandawa, Bikaner, Jaisalmer, Jodhpur, Udaipur, Deogarh, Pushkar, Jaipur, Orchna, Khajurao, Varanasi, Goa, Mumbai.
Sempre seguiti dal nostro fidato autista Krishna ed illuminati sui mille risvolti di una antichissima civiltà da 13 differenti guide; abbiamo percorso circa 4000 Km all’interno di questo grande paese. L’aereo è stato il primo e l’ultimo mezzo di trasporto, ma l’automobile, il treno, il risciò, il tuc tuc, il cammello, l’elefante, le nostre gambe, sono stati gli altri efficacissimi mezzi di locomozione; sempre appropriati e mai esagerati, non sempre comodi, ma ogni volta seducenti per la novità e per le particolarità di ognuno di essi.
I Maharajas, dicevamo. Prìncipi di antico lignaggio, alcuni hanno discendenze che risalgono al 600 d.c., i Maharajas sono stati i padroni incondizionati del territorio del Rahajastan e dei suoi abitanti. Esercitavano un potere assoluto, di vita o di morte sui loro sudditi. Ricchissimi fino all’inverosimile di oro e pietre preziose, abitanti in palazzi favolosi. Sempre in lotta tra loro, quindi armati di eserciti più o meno forti, in ogni caso pericolosi. Tanto pericolosi che l’Impero Britannico, con abilissima diplomazia, cercò di farseli amici onorandoli e rispettandoli per poi, lentamente e sottilmente, privarli del loro potere, ma non delle loro ricchezze personali. Indira Gandi ne ha decretato la loro definitiva detronizzazione trasformandoli in semplici cittadini.
Molti di queste antiche famiglie hanno ancora i loro discendenti in vita, i quali custodiscono ed amministrano, per quanto possono, questi grandi palazzi, molti dei quali adibiti ad hotel di lusso. Per nulla tronfi della loro ricchezza, come chi la ricchezza l’ha sempre vissuta come condizione naturale, sono affabili ed alla mano. In uno di questi palazzi, dove siamo stati ospiti per una notte, al Deoghar Mahal, abbiamo avuto il piacere di fare la prima colazione con la famiglia del Maharaja locale, dal nome impronunciabile.
Come ogni grande paese di cultura e tradizione plurimillenaria, anche l’India vive oggi la Grande Contraddizione dei tempi. Estesa quasi quanto l’Europa, ma molto più popolata; ricca di ricchezze naturali e non; ricca di menti e forza lavoro, sta attraversando un grande momento economico evolutivo. Proiettata a sostituire la Cina della quale presto diventerà più forte per il solo fatto che nella prima esiste un governo autoritario e monocratico che soffoca le menti, mentre in India vige la piena democrazia, in questo paese è possibile oggi osservare e vivere grandi e devastanti differenze. All’anfratto buio e sporco dentro cui vive a Varanasi un semplice cittadino, in prossimità di un Ghat sul Gange, nell’area delle cremazione dei morti, si contrappone la sopraelevata a 6 corsie che si snoda tra grattacieli in riva al mare, a disegnare la collana della regina, della baia di Mumbai (Bombay). Il ricchissimo, abbagliante e gigantesco tempio giainista di Ranakpur, quasi urla davanti alla estrema povertà di un tempio indù ricavato in una grotta, a Deogarh, dove il custode vive insieme ai pipistrelli. La piccola cittadina con le fogne a cielo aperto, dove mucche, scimmie, cani, ratti e bambini indifferentemente crescono, affianca e circonda il palazzo principesco o il ricco tempio.
Milioni di dei Indù, sensibilità cristiane, islamiche, buddiste, gianiste convivono in una spiritualità presente e palpabile, alla quale neanche il più agnostico e superficiale degli occidentali può rimanere indifferente. L’induismo, la religione principale, che crede nella reincarnazione, si basa sull’assunto che tutto ciò che faccio di bene in questa vita mi garantirà una nuova vita migliore, ciò induce la popolazione ad essere sereni, disponibile, affabili verso il prossimo. La divisione della popolazione in 4 caste immodificabili, tanto che chi nasce bramino sarà sempre bramino come anche i suoi discendenti, chi intoccabile tale lo sarò per sempre, fa si che si abbia l’impressione che non esista, tra la gente comune, l’invidia, il rancore, la cattiveria, l’arroganza. La povertà è vissuta come una condizione ineluttabile, così come la ricchezza. Gli dei vanno sempre rispettati, onorati, invocati e per fare questo c’è un tempietto in ogni angolo, in città come in campagna. Ogni cosa della natura e dell’uomo è legata al divino e dal divino modulata, col divino bisogna quindi continuamente interagire.
In India bisogna fare i conti con tutto, con la vacca a cui devi cedere il passo sul marciapiede, ma anche con il caos di risciò, motorini, auto, improbabili autobus e milioni di clacson che suonano perennemente; con le continue perquisizioni di sicurezza di bagagli e persone, addirittura quando entri nel tuo albergo, ma anche con i venditori di ogni genere con i quali è necessario contrattare per il solo fatto che il prezzo inizialmente proposto e irrimediabilmente 3-4 volte maggiore il reale prezzo di vendita. Bisogna fare i conti anche con la grande gentilezza della gente, con il servizievole impegno di tutti coloro che stanno svolgendo un compito per te, dal cameriere, all’autista, al barista, al commerciante, gentilezza e servizio a cui non siamo più abituati.
Esmeralda è stata pregevole, con impegno, pazienza, determinazione e con qualche sofferenza è stata capace di cambiare località ed albergo quasi ogni giorno, di viaggiare 3-4 ore al giorno in macchina, di salire su un cammello o su un elefante con la stessa grazia ed elasticità con cui può salire su una bicicletta. Levatacce all’alba per vedere il rito della purificazione sul Gange o notti insonni per i sopra citati clacson non l’hanno mai fatta scomporre.
Infine, per dare giusto ristoro dopo cotanto viaggiare, dopo giorni e giorni in cui mille e mille afrori hanno colpito le nostre nari, e infiniti suoni ci hanno spesso infastidito, ci siamo concessi 3 giorni a Goa, in uno splendido Taj Exotica, in riva al mare, dove solo gli aromi del mare arabico e dei fiori di loto, così come il canto dei uccelli o la voce dell’oceano ci hanno cullato.
Un rapido volo ed una ultima notte a Dubai, sempre per vedere magnificenze, dei nuovi ricchi questa volta, con la delusione che l’impersonale presenza dell’oro, non carica del vissuto storico ed umano, rende l’oro meno prezioso e quasi fastidioso, e così si è concluso il nostro viaggio di Nozze.
Esmeralda e Giuseppe, Milano
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