Se vuoi sapere da dove nascono i fiori, nemmeno il Dio della Primavera lo sa.
Detto Zen
E’ il 5 settembre,ci siamo sposati! Via si parte per il Giappone!..sì, ma un mese e mezzo dopo, perché in Giappone gli aceri rossi fioriscono in autunno.
Partiamo da Milano e già mettendo piede sull’aereo siamo catapultati in un altro mondo fatto di gentilezze e visi che ricordano un po’ i fumetti manga e che ad ogni passo ci sorridono e ci riempiono le orecchie con quel suono che diventerà una costante del nostro viaggio “domo arigatò gozai mass”, cioè “grazie molte”.
Atterriamo a Tokyo, prima tappa del nostro viaggio di nozze “zaino in spalla” in giro per il Giappone.
Tokyo è di più di quello che ci immaginavamo! Sono cinque giorni alla scoperta di una città scintillante e modernissima: un dedalo di metropolitane, centri commerciali che sembrano astronavi, grattacieli con la punta persa nelle nuvole, una copia della Tour Eifell, quartieri dell’elettronica e personaggi strani vestiti come nei cartoni di Sailor Moon o Dragon Ball.
Poi giri l’angolo ed eccola lì l’altra faccia di Tokyo: templi scintoisti rossi e fumosi, come quello di Asakusa, signorine in splendidi kimoni colorati, carpe rosse nei laghi dei giardini, case basse di legno con le porte scorrevoli attraversate da strade strette in cui zizagare tra i pali della luce storti e il mercato del pesce Tsukiji già in fermento molto prima dell’alba dove puoi mangiare sushi a partire dalle sei del mattino.
Da questo luogo sorprendente, ancora piacevolmente storditi dall’atmosfera respirata, incominciamo ad addentrarci nella campagna giapponese. E’ la volta di Nikko, città sacra a nord di Tokyo dove ci accoglie il suono sordo e profondo delle campane votive e la struttura di legno colorata dei templi della città, sormontata dall’espressione sorniona di tre scimmiette, anch’esse di legno, che ci raccontano le età dell’uomo.
Ci spostiamo ancora, in treno, che è il mezzo migliore per visitare il Giappone se si considera che guidare un auto sarebbe troppo difficile senza sapere leggere il giapponese e che, d’altra parte, il treno è sempre puntualissimo e velocissimo!
Ci concediamo tre giorni nella zona di Hakone: un distretto termale ai piedi del monte Fuji fuori dal traffico cittadino dove ci rilassiamo passeggiando tra gli aceri e navigando placidi sul lago omonimo e la sera frequentiamo i bagni termali giapponesi, gli Onsen, dove uomini e donne (rigorosamente separati!) si prendono cura dei loro corpi nella caldissime vasche all’aperto.
Ritemprati riprendiamo il nostro viaggio, non più sui treni superveloci, ma su caratteristici treni locali e pullman: ci addentriamo nell’entroterra è sostiamo a Takayama, dove, tra le case con i tetti a pagoda e le strutture in legno, scopriamo un mercato brulicante dove i commercianti sorridenti, con l’ormai per noi consueta cortesia giapponese, si prodigano in tutti i modi per mostrarci quello che vendono, forse osservando le nostre facce interrogative quando davanti a qualcosa, più di qualche volta, non riusciamo neppure a capire cosa serva o cosa sia!
Poi via verso Kanazawa sul Mar del Giappone, antica enclave di samurai dove visitiamo un tempio ninja e un castello in puro stile Shogun: per raggiungere la città passiamo la notte a Shirakawago, un posto magico e davvero fuori dal mondo che merita due parole.
Questo paesino, nel mezzo delle alpi giapponesi, è costituito solo da vecchie abitazioni tradizionali tutte in legno con il tetto a punta: in una di queste case, che i padroni hanno adibito a bed and breakfast, abbiamo soggiornato per una notte. E’ stata la nostra prima vera cena in una casa giapponese: tutti (anche noi) con la yukata (kimono da casa), seduti su un cuscino a chiacchierare (si fa per dire!) davanti al fuoco con gli altri ospiti..tutti giapponesi, che notoriamente non sono molto forti nelle lingue, tranne che con il giapponese!
E poi, dopo l’onsen di rito, a letto..o meglio sarebbe dire, sul tatami nel nostro futon…per la verità tutt’altro che comodo!
E’ giunto il momento di tornare in città, questa volta a Kyoto, la città de mille templi.
Kyoto è una grande città, ma al contrario della capitale Tokyo si sviluppa in orizzontale; è un susseguirsi di parchi, palazzi imperiali, templi scintoisti e buddisti, del buddismo zen caratteristico del Giappone. Decidiamo di farci guidare proprio dal filo immaginario che unisce i templi della città: è una giro lungo ma appagante. Si parte di buon ora attraversando la serie infinita dei tori rossi (gli archi votivi all’inizio dei templi scintoisti) del tempio Fushimi Inari e poi camminando si attraversa la città da sud a nord fino alla Passeggiata del Filosofo e al complesso zen di Daitoku Ji. La scoperta della città è un tuffo nel suono delle campane votive, dei gong e dai mantra dei bonzi. Ma quello che ci colpisce sono i colori: siamo alternativamente circondati dal rosso delle strutture dei templi scintoisti e dall’austero connubio del legno scuro e della carta di riso dei templi zen, il tutto sullo sfondo degli aceri che ci deliziano mostrandoci le loro foglie autunnali vestite di una gamma infinita di varianti del giallo e del rosso.
Kyoto non è però solo religione è anche e la città dell’arte, del segreto, della malizia e dei sogni velati; insomma delle Geishe. Pontocho, Gion sono i quartieri dove sul far della sera, se si ha pazienza di aspettare, si vedono passare le Gieshe, avvolte nei loro preziosissimi abiti tradizionali, con i visi bianchi e in mano lo Shaminsen, lo strumento simile a una chitarra che usano per intrattenere gli ospiti durante la serata. Le Geishe ci passano accanto, correndo un po’ a fatica sui loro zoccoli di legno e fuggono nei taxi che le accompagno ad esibirsi in qualche ricca cena o festa privata.
Da Kyoto con i treni superveloci è possibile raggiungere in giornata Hiroshima: la città è ormai una metropoli, ma al centro sorge il parco monumento alla bomba atomica, proprio attorno all’unico edificio rimasto in piedi dopo esplosione nucleare. Il silenzio è assordante e si odono solo le preghiere di classi di studenti che continuamente accorrono per posare ai piedi dei monumenti le gru realizzate con la tecnica degli origami che sono diventate un simbolo di pace. Davanti a Hiroshima c’è l’isola di Myajima, un paradiso tranquillo dove i commercianti vendono all’aperto pesce e ostriche piacevolmente infastiditi da piccoli cervi che passeggiano liberi per le vie del paese.
Il nostro viaggio in Giappone è quasi al termine e trascorriamo gli ultimi giorni visitando prima il castello di Himeij nei pressi di Osaka, una costruzione tipica del Giappone degli Shogun maestosa e aerea allo stesso tempo e poi concedendoci una sosta a Nara, a sud di Kyoto, dove girovaghiamo per i sentirei che si perdono nei boschi che collegano piccoli e grandi templi zen, anche qui accompagnati dai cerbiatti.
L’ultima notte in Gippone per noi è stata davvero particolare: dopo un viaggio piuttosto lungo partendo da Kyoto raggiungiamo il Monte Koya (Koya-san in giappinese). Koya-san è la sede di un complesso buddista zen che permette ai visitatori di soggiornare nei templi, proprio come i monaci; la cena vegetariana servita rigorosamente in camera sul tatami, la sveglia alle sei del mattino per ascoltare i mantra seguita da una colazione a base di riso e alghe forse non sono state tra le maggiori comodità che il Giappone ci abbia offerto, ma l’esperienza è stata davvero unica e impagabile!
Salutiamo con un po’ di melanconia Koya-san e i suoi monaci per raggiungere ancora una volta la capitale Tokyo dove ci attende ormai l’aereo per tornare a casa.
Che dirti Giappone, abbiamo scoperto un mondo talmente bello che ci lascia solo la voglia di ritornarci.. Domo arigatò gozai mass-ta Nippon! (Grazie di tutto quello che ci hai dato Giappone!).
Antonio e Vera
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